Decreto Rilancio – Come mai i soldi tardano ad arrivare?

Decreto Rilancio – Come mai i soldi tardano ad arrivare?

Ogni categoria si lamenta perché a quasi tre mesi dallo scoppio della pandemia non sono arrivati aiuti e ristori per la perdita di reddito e incassi.
Il governo ha varato un primo decreto il 17 marzo, che ha iniziato a dare frutti dopo Pasqua. Poi c’ è stato il decreto liquidità, quello che in teoria avrebbe dovuto garantire prestiti alle aziende fino a 400 miliardi. Adesso è pronto il decreto rilancio, finalmente con contributi a fondo perduto per le piccole imprese. Tuttavia, a sentire in giro, ma anche leggendo i numeri ufficiali, non è arrivato nulla. Le banche parlano di 200mila domande per 10 miliardi, Gualtieri, in Parlamento, aveva ammesso che i soldi pubblici spesi erano intorno ai 2-3 miliardi. Eppure il Pil è sceso del 10%. Non va bene…

Certo l’ Italia è in grave difficoltà. Piena di debito pubblico, ha poche armi per sparare alla crisi. Però se un governo si avvale di enti, ahinoi, bolsi, è difficile che il risultato – ovvero l’ immissione di liquidità nel sistema – sia soddisfacente.

La cassa integrazione ordinaria e il bonus 600 euro alle partite Iva è passato da Inps.
Un ente che – a detta degli stessi operatori – ha dovuto sbrigare in un mese le pratiche che di solito elabora in cinque anni. Così parecchia gente è rimasta a bocca asciutta. D’ altronde l’ ente assistenziale si occupa di qualsiasi cosa: dall’ erogazione di pensioni, 18 milioni ogni mese, alla maternità, fino alla disoccupazione passando per il reddito di cittadinanza. I dipendenti però sono sempre gli stessi. Anzi, sempre meno.
Per essere a regime servirebbero 5mila operatori in più.
Tridico, il presidente che si vanta di «erogare il 40% della cassa integrazione entro un mese», ha promesso assunzioni. Pare ci sia un concorso in estate per 2mila infornate.
Ma la struttura, burocratizzata e ipersindacalizzata, non può reggere a milioni di domande.
Stesso discorso vale per l’ Agenzia delle Entrate: l’ ente dovrà erogare quasi in automatico i contributi a fondo perduto alle piccole e medie aziende. Come farà lo sa solo Dio, dato che in dieci anni il personale è calato di 7mila unità. L’ età media è di 55 anni. Ci sono 6 funzionari del Fisco ogni 10mila abitanti.
Uno magari è in malattia, l’ altro è in ferie: i quattro che restano dovrebbero così sganciare soldi agli imprenditori, dare la caccia agli evasori, risolvere i contenziosi con i contribuenti?
Ci rendiamo conto che abbiamo un apparato inefficiente? Non per colpa dei dipendenti, per carità. Tuttavia a furia di tagli, non abbiamo più competenze tali da garantire un servizio al cittadino.
Il problema è del governo comunque, che ha scelto di appoggiarsi su carrozzoni che non sono più le macchine da guerra di un tempo.
Non poteva chiamare in causa la Cassa Depositi e Prestiti? Mancava personale? Poteva assumere al volo… In Germania, Paese portato ad esempio dagli imprenditori italiani che aspettano aiuti, lo Stato ha già dato 32 miliardi alle aziende. Sì, Berlino ha un debito pubblico basso, però sapete qual è la ricetta del successo? Lo spiegava ieri un articolo di Isabella Bufacchi sul Sole24Ore, nel quale un banchiere tedesco raccontava: «Non abbiamo mai visto tante pratiche chiuse in un arco di tempo così breve, con uffici che sono rimasti aperti giorno e notte in banca, alla Kfw (la nostra Cassa Depositi e Prestiti) e nei ministeri».

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