Bonus 600 Euro – Niente proroga per chi lo ha già avuto

Bonus 600 Euro – Niente proroga per chi lo ha già avuto

Ormai è scontro aperto tra il governo e il mondo dei professionisti italiani. Ogni giorno un «casus belli» che porta gli Ordini professionali e quelli di previdenza privata a battere i pungi sul tavolo per attirare l’attenzione. Ultima denuncia riguarda una clausola nell’ultimo Decreto rilancio che escluderebbe quasi tutti i professionisti dal bonus 600 euro.

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Il bonus

All’origine del problema c’è un corto circuito tra due disposizioni del decreto legge Rilancio, dove un primo articolo (il numero 78) rifinanzia la misura di marzo accordando il bonus da 600 euro anche per aprile e maggio mentre un altro articolo (il numero 86) rende l’indennizzo già erogato incompatibile con quello dei mesi successivi. « Da un lato il Governo ha rifinanziato gli indennizzi statali per i mesi di aprile e di maggio – dice il presidente Alberto Oliveti – dall’altro un codicillo, che speriamo sia frutto di un errore materiale, ha stabilito che chi ha preso i 600 euro a marzo, non potrà ottenerli nei mesi a venire. Confidiamo che si tratti di un errore materiale e a tal proposito abbiamo chiesto chiarimenti ai ministeri e un’eventuale correzione». Se confermata, questa sarebbe una mossa in grado di mettere fuorigioco i quasi 500 mila professionisti che a marzo avevano fatto richiesta del sussidio.

I 600 euro

Una scelta che agli occhi del mondo professionale appare come un’ulteriore discriminazione preconcetta. «E si tratta dell’ennesima infatti il Consiglio dei Ministri garantirà, a maggio, a tutti i liberi professionisti iscritti alla gestione separata Inps 1.000 euro e solo 600 euro agli iscritti alle Casse di previdenza che fanno parte di Adepp. Ricordo che le risorse provengono dalle tasse che paghiamo tutti e che i professionisti iscritti alle Casse pagano addirittura due volte, personalmente e attraverso i loro enti. Auspico quindi che i 1.000 euro vengano dati a tutti i professionisti e non si creino ulteriori insopportabili ingiustizie verso categorie duramente colpite dall’emergenza Covid-19 e che hanno dimostrato, anche a costo della propria vita, di essere al servizio del Paese».

I contributi

Tutto questo mentre il decreto legge Rilancio ha persino escluso i professionisti iscritti alle Casse dai contributi a fondo perduto, anche questi esentasse, accordati ad imprese e altri autonomi con partita iva. E non hanno mancato di alzare la voce , con un comunicato congiunto, i commercialisti e i consulenti del lavoro: «Le nostre due categorie, assieme a tutte le professioni ordinistiche italiane, si batteranno in ogni modo affinché si ponga rimedio a questa inaccettabile discriminazione perpetrata ai danni di un settore trainante dell’economia italiana. Centinaia di migliaia di lavoratori, senza alcuna spiegazione logica, vengono esclusi da un importante provvedimento in una fase in cui, come tutto le realtà del mondo del lavoro, stanno patendo pesantemente gli effetti della crisi. Proprio in questi mesi di emergenza Coronavirus le attività delle nostre due professioni sono state giudicate “essenziali” dal Governo. Non abbiamo mai smesso di essere al fianco di imprese e contribuenti in settimane di grande difficoltà per il Paese. Ma è opportuno sottolineare come i nostri studi siano in sofferenza come le aziende. La politica non può ignorare questa realtà. La norma sull’accesso ai crediti a fondo perduto va modificata in sede di conversione parlamentare del Dl Rilancio».

Botta e risposta

Non si è fatta attendere la replica del ministro Gualtieri secondo il quale «i professionisti sono persone e beneficiano delle indennità di 600 euro, quindi non hanno diritto ai contributi a fondo perduto delle imprese». Parole che non sono piaciute al mondo dei professionisti. «Le dichiarazioni di Gualtieri denotano una preoccupante e pericolosa approssimazione su un settore economico — dichiara il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella — quello degli studi professionali, che occupa 900 mila lavoratori tra dipendenti e collaboratori e muove un volume d’affari di circa 210 miliardi di euro all’anno. Un settore che investe e produce ricchezza per il Paese. Ma anche un settore colpito duramente dalla crisi economica, innescata dalla pandemia. Non vedo differenze tra un imprenditore che per effetto del Covid-19 ha subito un calo di fatturato e un dentista, un avvocato, un architetto o un commercialista che per lo stesso motivo hanno subito il medesimo danno. Due pesi, due misure. Ci troviamo di fronte a una visione ottocentesca dell’economia che inquadra ancora il lavoro professionale con la lente delle corporazioni. Evidentemente, al ministro Gualtieri sfugge la nozione di impresa, così come formulata nelle raccomandazioni della Commissione europea»

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