Bonus 600 Euro – Arriva una brutta sorpresa per gli architetti?

Bonus 600 Euro – Arriva una brutta sorpresa per gli architetti?

“Prendi il bonus da 600 euro come libero professionista e te lo scaliamo dallo stipendio”. Una richiesta illegale oltre che eticamente deplorevole, che molti “committenti” però stanno facendo ai professionisti, soprattutto giovani, che lavorano negli studi di architettura, avvocatura, ingegneria, in sostanza, come dipendenti a tutti gli effetti, ma in teoria, come liberi professionisti a partita IVA. Una vera e propria truffa ai danni dello Stato, l’ulteriore schiaffo alla dignità dei più giovani, che si sono visti recapitare mail del genere dai loro capi:

“Buongiorno a tutti, abbiamo studiato il testo relativo al Bonus Covid per partite IVA iscritte all’Ordine. Le condizioni per ricevere i l bonus sono le seguenti:La soglia di reddito deve essere inferiore a 35.000 euro annui per 2018. Oppure, se è tra 35.000 euro annui e 50.000 euro annui per 2018, vi deve essere un calo fra il fatturato del primo trimestre e il primo trimestre 2020 del 33.3%. Vi chiederemmo di informarci, privatamente, anche via telefono, se avete i requisiti per accedere al contributo e perciò di dedurre dalle fatture del mese di marzo, aprile, maggio l’importo del bonus. Grazie.”

Mail scritte da committenti perché in realtà queste persone agiscono da veri e propri datori di lavoro, a cui non basta chiedere ai propri collaboratori di lavorare a partita IVA senza straordinari, né ferie, né TFR, né, come spesso accade, un contratto di collaborazione, vogliono di più, vogliono i 600 euro.

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Che fare?
Che fare se un giovane libero professionista e praticante riceve la proposta di auto-decurtarsi lo stipendio dopo aver chiesto i 600 euro di sussidio dallo Stato? Abbiamo sottoposto la domanda a due esperti.

Il primo, un avvocato giuslavorista di lungo corso particolarmente noto nell’ambiente per le sue consulenze agli architetti in una specifica provincia lombarda, dopo un’iniziale ritrosia, e prima di minacciare diffida qualora fosse apparso il suo nome nell’articolo, ha risposto:

“Un architetto è un libero professionista, non può fare nulla. Emette fattura sulla base del lavoro svolto in accordo con il committente, se il committente gli dice ‘devi farmela più bassa’, e il libero professionista si rifiuta, quello gli risponde, ‘va bene sei un libero professionista, esercita la professione altrove’”.

Tutto legale, tutto a posto, quindi.

La seconda, la Presidente dell’Ordine degli Architetti di Varese, l’Arch. Elena Brusa Pasqué, ha bollato le richieste sui 600 euro “assolutamente illegali, questo è rubare, e chi lo fa è un furbetto, pure di bassa lega, e chi le subisce, dovrebbe denunciare”, ma ha anche ammesso che episodi simili di illegalità sono più diffusi di quanto si pensi:

Non è la prima a segnalarmi episodi del genere, ricevo mail strazianti, da parte di giovani disperati che magari hanno rinunciato a posti di prestigio all’estero pur di mettere a disposizione le proprie competenze in Italia. Pensi che so anche architetti in cassa integrazione costretti a lavorare. Ho già avvisato il consiglio nazionale 15 giorni fa, e più volte ho sollecitato la stampa, specializzata e nazionale, affinché denunciasse questo squallore.

Nella maggior parte dei casi i professionisti non denunciano per due motivi. In primo luogo sono terrorizzati di perdere il lavoro, soprattutto se sono senza contratto, perché denunciando perdono il lavoro e vengono sanzionati o sospesi dalla disciplina dell’Ordine. In secondo luogo la giustizia è lunga, e quando non lo è, ci pensano gli avvocati, perché è nel loro interesse. Basterebbe aggiustare il sistema giudiziario per ristabilire giustizia sociale e tornare a far funzionare le cose in Italia. L’unico modo, per ora, è far vergognare queste persone denunciando questo squallore sui giornali e smuovendo l’opinione pubblica. Se cominciamo a parlarne, e questa cosa smette di rimanere segreta, chi sbaglia inizia a farsi qualche scrupolo in più, chi subisce, sa che non è solo, e magari fa un esercizio di autostima.

Autostima, già.

Partita IVA e zero diritti 
Diritti? “Ho meno diritti lavorativi di un metalmeccanico negli anni ‘60”. A parlare è un giovane architetto che si è sacrificato per studiare, iscriversi all’Ordine, ed esercitare la professione che ama. Filippo (nome di fantasia, ndr) non può rivelare la propria identità, perché rischierebbe di perdere il lavoro:

“Non è possibile che oltre a tutti i soprusi lavorativi che noi giovani architetti dobbiamo subire, ora siamo costretti a sopportare che i nostri “capi” – per la legge nostri “clienti” – ci chiedano ora di fare domanda a Inarcassa per ricevere 600 euro di bonus che loro provvederanno a toglierci dallo “stipendio”, costringendoci, di fatto, a fatturare meno a fronte delle stesse ore lavorate”.

E sul mondo della partita IVA, “la più grande finzione economica della nostra epoca”, dice:

“Il 99% degli architetti che praticano la professione sono a Partita Iva. Siamo un popolo di partite iva che in realtà lavorano a tempo pieno per capi che non pagano gli straordinari e pretendono turni di lavoro massacranti, weekend compresi, spesso non pagano i giorni di ferie, pretendono che non abbiamo lavori extra pur essendo noi, appunto, liberi professionisti, non ci mettono nelle condizioni di avere tutele o garanzie. Non abbiamo diritto a recuperare le ore extra o a prendere le ferie quando vogliamo, non abbiamo la possibilità di chiedere un mutuo in banca o il diritto al TFR, e possiamo essere licenziati dall’oggi al domani”.

Un vuoto legislativo che oggi legittima datori di lavoro, magari archistar di fama internazionale, magari studi di architettura tra i 50 che più fatturano in Italia, magari studi legali vista Madonnina del Duomo, a chiedere di decurtare 600 euro, per loro quattro spicci, per qualcuno un aiuto enorme. E fa riflettere che le parole più pacate, più puntuali raccolte provengano proprio da uno di questi giovani professionisti attratti dalla Milano della moda, del design, dell’editoria, dell’architettura, e delle false partite IVA:

“Ritengo questo sistema fraudolento, eticamente deplorevole e soprattutto lesivo di chi di quei soldi ne ha bisogno veramente. Io personalmente avrei stretto la cinghia, sopportato il momento difficile e non avrei sottratto soldi alla nostra cassa, soldi che servono a finanziare i nostri infortuni, le nostre pensioni, le nostre mamme, i nostri figli, i nostri momenti più bui. Non rendiamoci partecipi di un’altra menzogna. Già siamo finte partite iva (senza i diritti dei dipendenti, senza i privilegi dei liberi professionisti, ma solo con le sfortune e i doveri di entrambi e senza i diritti di nessuno dei due casi). Io non voglio essere obbligato a “RUBARE” 600 euro alla nostra cassa. Chi alimenta questo sistema fraudolento credo che dovrebbe avere delle sanzioni severe dall’Ordine. A cosa serve altrimenti l’esistenza dell’Ordine?”.

Zero diritti, poca autostima, ma ancora tanta etica morale di fronte alla quale la ‘Milano che non si ferma’ dovrebbe fermarsi o quantomeno cedere il passo. Del resto, com’era quel vecchio detto, ormai caduto nel dimenticatoio? Largo ai giovani.

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